Chiedi alla polvere – John Fante

“Scrivere è come affondare i denti in un sogno, e John Fante lo sapeva bene.”

Ci sono libri che ti sfiorano. Altri ti prendono per mano. Chiedi alla polvere invece ti strattona, ti scuote, ti spoglia di ogni romanticismo sulla scrittura e sull’amore, lasciandoti solo con la verità cruda, sporca, viva.
Quella verità si chiama Arturo Bandini.

Ambientato in una Los Angeles polverosa e spietata degli anni ’30, Chiedi alla polvere è il grido affamato di un giovane scrittore italoamericano che cerca di farsi largo nella giungla editoriale e nella sua stessa anima. Arturo è arrogante, insicuro, tenero e irritante. Un personaggio che ami e odi nello stesso paragrafo. Ma proprio lì, in quel contrasto, risiede la grandezza di Fante.

Con una prosa semplice e tagliente, Fante riesce dove tanti falliscono: rende la fame – quella di cibo, di riconoscimento, di amore – palpabile. La sua Los Angeles non è la città delle stelle, ma una distesa di miseria e possibilità, di stanze d’albergo sporche, caffè consumati tra i silenzi, e sogni che si sbriciolano sotto le scarpe.

E poi c’è Camilla, la donna impossibile. Uno specchio deformante dei desideri di Bandini, e allo stesso tempo la sua più grande dannazione. Il loro rapporto è tossico, disturbante, struggente – ma profondamente umano.

Fante scrive col cuore in gola e i piedi nella polvere. E mentre leggi, ti accorgi che non stai semplicemente osservando Arturo Bandini: sei Arturo Bandini, con tutte le sue contraddizioni, le sue paure e la sua ostinata speranza.

Se ami Bukowski, devi tutto a Fante. Se non hai mai letto né l’uno né l’altro, Chiedi alla polvere è il punto di partenza perfetto per entrare in un mondo letterario fatto di passione nuda, fallimenti eroici e sogni ostinati.

Un romanzo che non consola, ma che ti resta addosso. Come la polvere.
Appunto.

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